WordPress e oEmbed

25 Aprile 2011

Direttamente dal sito oembed.com

oEmbed is a format for allowing an embedded representation of a URL on third party sites. The simple API allows a website to display embedded content (such as photos or videos) when a user posts a link to that resource, without having to parse the resource directly.

WordPress supporta oEmbed dalla versione 2.9: inserendo l’indirizzo di un contenuto multimediale all’interno di un post, ad es. un video YouTube, l’URL viene convertito e viene incorporato (“embedded”) direttamente il contenuto presente nella pagina. È possibile disattivare questa funzione nella sezione Impostazioni -> Media, dove si può anche definire una dimensione massima per i contenuti incorporati.

Piccolo problema: come modificare la presentazione di questi contenuti? Semplice: basta scaricare il plugin oEmbed styling e poi lavorare un po’ sui css. Esempio banale: assegnare un margine verticale e centrare tutti i contenuti incorporati1.

div.oembed {
	margin: 10px 0;
	text-align: center;
}

Il plugin è fatto molto bene nella sua semplicità in quanto crea classi generiche (oembed, oembed-video) ma anche classi specifiche per URL (oembed-youtube-com, oembed-video-youtube-com).

Sempre a proposito di WordPress, non dimenticate che è possibile segnalare direttamente eventuali errori di traduzione.

P.S. il video è una banale prova di registrazione con lo Zoom Q3HD. Alla fine il volume dell’audio su YouTube è risultato molto più basso di quanto non mi aspettassi dopo averlo elaborato in locale.

1. Non è possibile utilizzare “margin: 10px auto;” a meno di non assegnare una larghezza al div. Dal basso della mia ignoranza non escludo che esistano metodi più corretti per ottenere lo stesso risultato 😉


Manne OSR

17 Aprile 2011

Manne OSR

Aka “il fotochitarrista della domenica” (altre foto sono disponibili sempre su Flickr).

Il colpo di fulmine è arrivato un anno fa al concerto di Tommy Emmanuel a Soave, da allora mi sono trovato a suonare (male) la chitarra acustica molto più spesso dell’elettrica. Uno dei miei obiettivi personali per il 2011 è quello di imparare a suonare decentemente in tecnica fingerpicking, anche se confesso che per il momento è un discreto delirio, soprattutto per la mano destra.

Dopo aver venduto un paio di chitarre elettriche e 3/5 del rack, ho deciso che era ora di regalare una compagna alla mia Taylor: niente spalla mancante, forma del corpo tipo 00 o OM (Orchestra Model). Inizialmente avevo pensato di affiancarle una chitarra “da battaglia”, budget ridotto e caratteristiche oneste, e la scelta era caduta sulla nuova Eko Mia 018 di Massimo Varini. Poi ci ho pensato un po’ meglio: non puoi pretendere miracoli da una chitarra acustica da 300€, tanto vale cercare qualcosa di più serio e rinunciare a qualcosa (es. sistema di amplificazione on board). La scommessa era trovare una chitarra con quel tipo di corpo, magari in legno massello, finita bene e sotto i 1000€.

Dopo un paio di settimane di ricerche su web e forum assortiti, scartati i marchi blasonati che in quella fascia hanno dei manici di scopa (Taylor, Martin) o marchi stranieri difficili da trovare e provare, per puro caso sono finito sul sito di Manne Guitars (delle elettriche avevo parlato in tempi non sospetti). Dopo un rapidissimo scambio di mail ho scoperto che il modello OSR era disponibile, per cui sabato mattina alle 7 me ne sono partito alla volta di Schio in compagnia del fratello bassista/chitarrista.

Quello che si apprezza al volo di Andrea Ballarin (il sig. “Manne”) è l’estrema disponibilità e gentilezza, nonché la passione che dimostra costantemente per il proprio lavoro. Stiamo parlando di un artigiano che realizza strumenti per fior di professionisti, in fin dei conti avrebbe anche il diritto di tirarsela un po’ 😉

Per un’ora e mezza ho avuto modo di provare le chitarre disponibili (tutte in legno massello) in completa libertà:

  • OSR: top in abete elgelmann, fasce in palissandro, tastiera in ebano. Suono molto bilanciato tra le corde, volume notevole considerando le dimensioni della cassa (9 cm di spessore), leggera e comodissima da suonare.
  • OFR: praticamente una OSR con top in abete sitka e tastiera in palissandro. Forse leggermente più spenta della OSR.
  • OSR-V: top in abete della Val di Fiemme (il legno viene spedito dall’Italia alla fabbrica in Cina). Il volume della chitarra è impressionante rispetto alle altre due cugine, ma il prezzo era fuori budget.
  • DSR: corpo dreadnought, la preferita dal fratello. Il volume è ovviamente maggiore rispetto alla OSR, il suono molto più bilanciato di quanto mi aspettassi. Alla fine non l’ho scelta perché, non essendo un gigante, trovo scomoda la forma del corpo.
  • CSR: corpo grand concert, esteticamente favolosa ma suono un po’ troppo “scatoloso”.

Giusto per capire cosa intendo quando parlo della “disponibilità” di Andrea: i bassi sulla OSR mi sembravano un po’ spenti, ero quasi certo che fosse colpa delle corde fruste. Nel giro di 10 minuti la chitarra aveva corde nuove, con annesso giro turistico del laboratorio tra tavole di legno, casse e manici in preparazione. Dopo averla sentita con corde nuove, non ci sono stati più dubbi, tant’è che me ne sono tornato a casa con la chitarra.

Qualche parere a caldo:

  • la chitarra è realizzata in Cina ma la qualità dei materiali e la cura dei dettagli sono degni di una chitarra di ben altra fascia di prezzo (ho cercato di mostrarlo nelle foto su Flickr). Se state cercando una buona chitarra con un budget ridotto, fateci un pensierino, non fosse altro per fare quattro chiacchiere con Andrea;
  • il suono è già bellissimo, sono curioso di vedere come cambierà con la maturazione dei legni (e magari ve lo faccio sentire non appena riesco a produrre qualcosa di degno);
  • nel prezzo, a cui è stato applicato un ulteriore sconto, è compresa una buona custodia rigida (odio le custodie morbide).

Curiosità a margine: durante la mia visita ho accuratamente evitato di provare le elettriche (G.A.S. in agguato), mentre il fratello ha lasciato il cuore su uno dei bassi.

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Mi riallaccio a quanto già scritto per segnalare un bel post di Sean Martell sulle nuove icone per versioni nightly e aurora.

Direi che per il momento il risultato sulle nightly è carino (con qualcosa da sistemare sul fronte “branding”).

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Qualche annotazione sul nuovo ciclo di sviluppo rapido adottato da Mozilla:

  • gli sviluppatori, come è sempre avvenuto, lavorano sul repository mozilla-central (trunk). Le nightly vengono realizzate a partire dal codice presente in questo repository e ovviamente si tratta delle versioni meno stabili;
  • ogni sei settimane le modifiche vengono spostate nel repository mozilla-aurora. Questo repository non prevede la possibilità di modifiche alle stringhe (è “string frozen”), lo scopo è quello di stabilizzare il codice prima di distribuirlo a un pubblico più ampio. Questo significa che i localizzatori possono lavorare su questo repository o, se lo decidono, direttamente su mozilla-central.
  • dopo altre sei settimane il contenuto di mozilla-aurora viene spostato nel repository mozilla-beta;
  • sei settimane dopo si passa da mozilla-beta a mozilla-release.

L’immagine seguente dovrebbe essere sufficientemente chiara, anche sui numeri di versione. Mentre la versione 5 inizia il ciclo “aurora”, sul trunk inizia il lavoro sulla versione 6 e così via. Di conseguenza ogni sei settimane si avrà una nuova versione.

Ad ogni repository corrisponde un canale di aggiornamento (nightly, aurora, beta, release), selezionabile nella finestra Informazioni su Firefox (come sempre design e localizzazione non sono necessariamente definitivi).

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In Beauty We Trust

Canon EOS 40D, Sigma 150mm macro ƒ2.8, treppiede

Non è primavera se non faccio una foto a uno di ‘sti fiorellini

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Nel numero 241 (aprile 2011, pag. 174) di PC Professionale, nella rubrica della posta si parla di Firefox e Plugin Container. La rubrica è a cura di Gianluca Marcoccia, onestamente non so se tutte le risposte siano scritte da lui o dalla redazione.

Un lettore scrive lamentando problemi con Firefox (errori e blocchi, processo Plugin Container che consuma CPU), cito alcune parti della risposta.

Il Plugin container di Firefox è una piccola macchina virtuale all’interno della quale sono eseguite le estensioni del browser, con un procedimento analogo alla sandbox delle applicazioni Java. Ogni plug-in può accedere solo alla memoria e alle risorse messe a disposizione dal Plugin container, per impedire che estensioni mal progettate (o che eseguano deliberatamente codice dannoso) possano compromettere il browser o l’intero sistema operativo.

Alla fine della risposta, come extrema ratio viene suggerito di disattivare il plugin container modificando le voci dom.ipc.plugin.enabled.*

Al successivo riavvio, le estensioni saranno eseguite nello stesso spazio di memoria dedicato al browser e con gli stessi privilegi. Questa procedura annulla la protezione aggiuntiva contro i malware e i plug-in mal progettati, perciò deve essere considerata l’ultimo rimedio praticabile.

Le estensioni (extensions) e i plugin (plug-ins) sono due oggetti diversi, come dice il nome stesso il Plugin Container riguarda i plugin, non le estensioni. Citando la relativa pagina di SUMO.

In Firefox 3.6.4 e versioni successive, alcuni plugin sono caricati separatamente dal browser per mezzo del programma plugin-container, permettendo al processo principale del programma di rimanere in esecuzione se si verifica l’arresto anomalo (crash) di un plugin.

Il progetto Electrolysis ha come obiettivo la separazione dei processi relativi a interfaccia del browser, plugin e contenuti web. Una prima parte (Out-of-process plugins – OOPP) è stata rilasciata con Firefox 3.6.4 nel giugno 2010.

L’obiettivo principale è quello di migliorare la stabilità del browser: ogni plugin supportato dal sistema OOPP viene eseguito in un processo separato da quello del browser, in caso di crash del plugin il browser rimane attivo e funzionante. Non mi risultano, ma potrei sempre sbagliare, miglioramenti relativi alla sicurezza della navigazione legati all’OOPP (a parte, forse, l’effetto collaterale di impedire l’esecuzione di codice in caso di crash).

Per inciso, la maggior parte dei problemi con plugin-container.exe è legata a software di sicurezza (antivirus e firewall) configurati in modo errato.