Vediamo se qualcuno rileva lo stesso problema; vi anticipo che è decisamente strano 😉

Da ieri è disponibile la versione 2.0.5 di WordPress in italiano: dei tre siti che al momento gestisco su piattaforma WordPress ne ho aggiornati due (in hosting su Aruba), il terzo (questo blog) è in sospeso a causa del problema in questione. Sul primo sito nessuna anomalia da segnalare, sul secondo si verifica una situazione abbastanza surreale:

  • stasera vado ad inserire un articolo ed ottengo un errore 403 nel pubblicare il post
    Forbidden
    You don't have permission to access /wp-admin/post.php on this server.
  • faccio qualche altra prova salvando la bozza prima della pubblicazione ma ottengo lo stesso errore
  • controllo i permessi dei file php e sono tutti a 755
  • nel dubbio elimino tutto dall’ftp, carico i file della 2.0.5 “puliti” e aggiungo solo il tema, wp-config.php e la cartella di upload. Stesso errore
  • sostituisco il file post.php con quello della versione inglese
  • preso dallo sconforto creo un post con una sola parola e lo salva perfettamente
  • prendo il post originale e comincio ad aggiungere un capoverso alla volta: si inchioda al terzo

Alla fine il problema è dato dalla parola “riunione”; sostituendola con “accordo” funziona tutto alla perfezione.

Riassumendo: se scrivo la parola “union” (o una parola che contiene questa stringa) ottengo l’errore 403, se scrivo “uni” tutto ok, idem se scrivo “rionione”.
Qualche suggerimento dai lettori?

UPDATE 03.11.2006

Il problema era lato hosting (mod_security) ed è stato risolto dall’assistenza Aruba 😉

Gentile cliente,
il problema è effettivamente dovuto a mod_security che non accetta l’inserimento di tale testo. È stata ora effettuata una modifica che permette di aggirare l’ostacolo.


Kubuntu 6.10 Edgy Eft

30 Ottobre 2006

Vista la disponibilità di Kubuntu 6.10 (dal 26 ottobre), ho deciso di scaricarla ed installarla sul mio iMac con Parallels: come per Windows XP ho creato una macchina virtuale con 512MB di Ram e 8Gb di disco.

Prima considerazione: la decisione di Ubuntu di eliminare l’installer tradizionale e trasformare il cd di installazione in un live-cd è interessante e comoda, peccato che rallenti in maniera considerevole i tempi di avvio.

installazione.png

Finita l’installazione, ecco sorgere i primi problemi:

  • l’interfaccia è in inglese, non c’è traccia dell’italiano
  • la risoluzione massima disponibile è 1024×768

Veniamo alle soluzioni (si suppone che la macchina virtuale sia correttamente connessa ad Internet).

Impostare l’italiano

  • Andare nel menu KDE->System->Language support
  • Selezionare Italian nell’elenco, verranno scaricati e installati i relativi pacchetti

Nel mio caso l’operazione si è interrotta ed ho dovuto dare un sudo dpkg --configure -a per sbloccare il database.

Aumentare la risoluzione massima

Per prima cosa bisogna agire a livello di Parallels (naturalmente la macchina virtuale deve essere ferma):

  • selezionare la macchina virtuale, fare clic sul pulsante EDIT
  • nella sezione VIDEO verificare che sia attivo il flag su “Enable custom screen resolution” e aggiungere la risoluzione desiderata: nel mio caso 1200×960
  • salvare le modifiche e avviare Kubuntu

A questo punto da terminale digitare sudo dpkg-reconfigure xserver-xorg e aggiungere 1280×960 alle risoluzioni disponibili.

Conclusioni

L’unico problema rimasto è la chiusura: lo shut-down non avviene completamente e bisogna bloccare manualmente la macchina virtuale (con relativo avviso di possibile perdita di dati). Su questo punto non ho ancora trovato una soluzione (solo conferme) 🙁

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Mark Shuttleworth, finanziatore di Ubuntu (distribuzione basata su Debian), interviene sulla diatriba tra Debian e Mozilla. Se qualcuno di voi non sa di cosa sto parlando, in estrema sintesi queste sono le posizioni dei due contendenti:

  • posizione Debian: noi modifichiamo il codice sorgente di Firefox per distribuirlo in Debian, eliminiamo il logo perché non è free ma Mozilla ci impedisce di chiamare questo browser Firefox. A questo punto noi facciamo il fork e creiamo la nostra serie di prodotti: IceWeasel (Firefox), IceDove (Thunderbird), IceApe (SeaMonkey).
  • posizione Mozilla: se Debian vuole modificare il codice è libera di farlo. Allo stesso tempo le trademark policies di Mozilla sono chiare: se Debian vuole continuare a chiamare questo browser Firefox le modifiche devono essere approvate da Mozilla (come già fanno altre distribuzioni come RedHat e Novell). Nell’ottica di Mozilla il trademark serve a garantire la qualità del prodotto “Firefox”.

Cito solo le parti più interessanti del lungo post

It’s worth bearing in mind that Debian’s position on both free software and trademarks is very complex and not entirely consistent. Consider the recent decision to ship Etch with proprietary software built in. Firmware is in most cases X86, PPC, Mips or ARM code (architectures Debian supports) for which real source in C exists – but that source code is of course not provided. Also consider Debian’s own trademark policy which, while liberal, still restricts what can be done.

La politica di Debian sul free software e i trademark è molto complessa e non del tutto coerente: Etch contiene software proprietario, ci sono dei limiti chiari sulle possibilità di utilizzo del nome “Debian” e del logo.

I hope that the lead we have established with Ubuntu and Mozilla will benefit Debian, establishing a precedent that allows both groups to get what they want.

“Speriamo che Debian possa beneficiare dell’accordo tra Ubuntu e Mozilla” (Ubuntu 6.10 contiene un “fully branded” Mozilla Firefox 2); visto il tono delle risposte lato Debian ne dubito.

Should Debian settle on IceWeasel, thats fine and dandy and does not mean that anybody should call them “fundamentalists”, as I’ve seen happening. Neither should Mozilla’s position give anyone in the Debian camp cause to imply that Mozilla are corporate junky marketroids. They simply are not. They’re damn good browser innovators, and they publish their code under free software licenses because that’s what they think is the right thing to do.

Debian and Mozilla should be able to work together effectively on a browser, even if they can’t agree on a way to call it Firefox.

Diamo un’occhiata ad una delle risposte dal fronte Debian.

This time, Christopher Beard, Mr Mozilla® Marketing is talking about Firefox® in Ubuntu, that it’s great, Ubuntu is a good boy, that it cooperates with Mozilla®, and that by cooperating, it can use the great Firefox® name and logo.

To be honest, I don’t care that Ubuntu calls Firefox® Firefox® instead of Iceweasel or whatever. I don’t care that Ubuntu doesn’t care about freedom as much as Debian does. I could not care less.

Non ho le capacità tecniche per confermare o smentire quanto scritto nel resto del post; certo è che il tono è tutto fuorché conciliante e che, probabilmente, Christopher Beard non la racconta giusta quando scrive

Firefox in Ubuntu represents a somewhat more modest set of divergences from original Mozilla source code

Con tutti i link presenti in questa pagina ognuno potrà farsi la propria opinione: la mia, da semplice utente occasionale di Linux, è che Debian sia troppo concentrata sull’aspetto politico del free software e che questo scontro non porterà a niente di buono per il mondo Open Source.


Non vi bastava il WGA?

28 Ottobre 2006

Cari insoddisfabili, eccovi accontentati: dopo il WGA, dal 27 ottobre avrete anche l’OGA, l’Office Genuine Advantage (fonte PC World).

The company’s Office Genuine Advantage (OGA) program will require mandatory validation of Office software starting October 27, the software vendor quietly disclosed today. After that date, any Office Online templates downloaded from within the Office 2007 Microsoft Office System applications will require validation of legitimacy.

Similarly, starting in January, users of Office Update will have to validate the legitimacy of their Office software before they can use the service, Microsoft added.

Per il momento riguarda solo il download di template dal sito Microsoft, da gennaio 2007 sarà obbligatorio per poter utilizzare il servizio di Office Update. Se già non l’avete fatto, è un altro buon motivo per passare ad OpenOffice 😉
Si accettano scommesse: stavolta quante ore ci vorranno prima di trovare la scappatoia?

A proposito di Microsoft e Firefox: c’è gente che non ha proprio un cavolo da fare… Microsoft® Firefox 2007 Professional: da notare la cura con cui è stato realizzato il pacchetto 😉 (via eXtenZilla).

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Asa Dotzler sul suo blog risponde polemicamente a un articolo pubblicato su Platinax Small Business News in cui si accusa Firefox di non garantire la privacy degli utenti.

phishing3.png

Tralasciando le discussioni sull’inconsistenza dell’articolo, dal post di Asa emerge un dettaglio interessante: la lista locale di siti “pericolosi” si aggiorna automaticamente ogni 30/60 minuti, garantendo una protezione più che sufficiente per gli utenti ed escludendo la necessità di ricorrere a servizi online come Google.
In questo modo nessun dato viene scambiato con soggetti terzi (neppure con Mozilla), per cui la vostra privacy è garantita.

Firefox phishing protection offers users protection from online identity and credential scams by checking the visited sites against a local list of known bad sites. This list of bad sites is refreshed regularly by Firefox — every 30 to 60 minutes. At no time are the users’ visited sites shared with any third parties (or even with Mozilla) when using this feature in it’s default, and quite capable, configuration.

If a user wants to make a slight improvement to the feature — eliminating the 30 to 60 minute lag time between when a site is identified as bad and when Firefox gets the updated list, the user can dig deep into the preferences and find the option to do a “real-time” compare with the most up to date list at Google’s server. If the user does check that box, she will be presented with a plainly worded description of what that means, including links to the applicable privacy policies.

This real-time compare is an optional enhancement to the phishing protection feature and is absolutely not required for the feature to provide real benefit to users. There are legitimate privacy concerns any time user data is shared with service providers and that is why this enhancement to the phishing protection feature is not enabled by default.


Chi scrive fino alla settimana scorsa era il felice possessore di uno Iomega MiniMax da 250GB.

iomega.jpg

Decido di accendere il disco per fare il periodico backup dei lavori presenti sul Mac ed ecco l’amara sorpresa: la spia azzurra da un solo breve segno di vita e il disco non si accende. Controlla i cavi: niente da fare, tutto perfettamente collegato 🙁

Diagnosi:

  • l’alimentatore sembra funzionare correttamente (il tester rileva tensioni da 5V e 12V esattamente come indicato nel grafico)
  • tutti i cavi interni e l’interruttore sembrano correttamente collegati
  • il disco fisso interno funziona perfettamente
  • probabilmente è andato a farsi friggere qualcosa sulla piastra

Vado sul sito Internet di Iomega e mi perdo tra FAQ e indicazioni varie per ottenere assistenza: attraverso il numero di serie scopro che il prodotto è ampiamente in garanzia, per cui contatto l’assistenza per avere il numero di RMA. Dopo qualche scambio di e-mail ricevo l’autorizzazione al reso e le indicazioni per la spedizione.

Morale della favola: per riparare in garanzia un disco esterno del valore di 189€ (lo trovate a questa cifra su AppleStore, per cui è probabile che si trovi anche a prezzi inferiori), devo spedire il disco a mie spese in Olanda!
Tradotto in euro: 46,92€ con la spedizione più economica della TNT.

Da oggi Iomega rientra nella mia personale lista nera di aziende da evitare.